Il pastore “catalizzatore”

La chimica non è mai stata la mia materia preferita, ma dai miei studi liceali ricordo una particolare specie di elemento chimico “il catalizzatore”, che mi è risultato sempre interessante, direi simpatico, fino a vedere in esso un modello di comportamento sociale ed ecclesiale utile e necessario. So che tale simpatia non è molto condivisa e che  al modello del catalizzatore taluni preferiscono quello di elementi che fanno reazioni appariscenti.

Si tratta di una tipologia di persone, che sotto l’apparente vivacità, simpatia, disponibilità…, spesso nascondono una voglia  eccessiva di protagonismo  e una incapacità di mettersi all’opera senza la prospettiva di vetrine o di schermi, dove esibirsi. Seguono le mode e non si preoccupano di educare, ma di ottenere consenso. Si alimentano di visibilità ottenuta con iniziative appariscenti, anche se non sempre utili e solidamente motivate. Questo li porta a forme di presenzialismo esagerato anche in occasione di eventi tragici: qualcuno dice che “tendono a campare sulle disgrazie altrui”…. Amano sparare fuochi di artificio, più che la fatica di piantare semi; di occupare spazi, più che di avviare percorsi. Tuttavia, la ricerca continua dell’approvazione altrui non genera in loro serenità, ma  tensione e logoramento. Perciò affermano di essere sempre stanchi e stressati, bisognosi di pause e di riposo,  anche se la qualità del loro operato dipende dalle loro scelte, oggettivamente non si ammazzano di lavoro e comunque le loro “fatiche” sono di gran lunga inferiori a quelle di padri e madri di famiglia, della gente comune e di tanti buoni sacerdoti.

Nella mia vita di prete ho incontrato sia “catalizzatori” che “simpatizzanti di altri elementi chimici”, anche tra confratelli Vescovi e Sacerdoti. Da giovane prete ho avuto la fortuna di collaborare con un parroco, don Alessandro Agostini, che addirittura sembrava una figura superflua in una parrocchia, le cui strade erano e sono intitolate a famosi Condottieri: Roberto Malatesta, Gabrino Fondulo, Luchino Dal Verme, Erasmo Gattamelata, Muzio Attendolo, Sampiero di Bastelica, Guglielmo degli Ubertini…. Noi, giovani viceparroci scalpitanti, scherzavamo dicendo cha la parrocchia dei Condottieri aveva un parroco non condottiero e che poteva andare avanti anche senza di lui… Quando don Alessandro è morto, abbiamo capito che non era così e che ci mancava tanto, perché era un prete catalizzatore, che dava esempio, motivazioni e il tono giusto ai Confratelli e alla Comunità, stando dietro le quinte … e che era stato un maestro ed un esempio. Ricordo che tutte le domeniche pomeriggio le passava negli ospedali dove erano ricoverati i parrocchiani e sin dal lunedì precedente iniziava a preparare l’omelia festiva, animato da un grande rispetto per la Parola di Dio e per i fedeli che l’avrebbero ascoltato. Come pure mi impressionava molto il suo riserbo nei confronti di conoscenze importanti: era stato per quasi vent’anni Vice Rettore del Seminario Romano e conosceva tantissimi ecclesiastici che occupavano posti di rilievo nella Curia Romana e che  gli volevano bene, ma non si vantava mai di queste amicizie, né le sfruttava a suo favore. Colpiva, inoltre, il suo spirito di servizio che lo portava a farsi da parte quando sentiva l’affermazione del suo ruolo in contrasto con il bene della gente: quando c’erano le Prime Comunioni (di cui ero incaricato), nonostante le mie insistenze perché celebrasse lui, d. Alessandro quasi mi imponeva di presiedere, perché diceva: “i bambini conoscono te e sono contenti di vederti celebrare la Messa della loro Prima Comunione. A loro non importa nulla delle nostre gerarchie”. Tuttavia, benché mite e schivo si mostrava coraggioso nelle scelte pastorali, come quando – eravamo negli anni settanta!!!! –  invitò una coppia di fidanzati a celebrare il matrimonio civile, perché li trovava senza motivazioni di fede, continuando a sostenere la sua scelta con serena fermezza, anche di fronte alle riserve di  qualche officiale del Vicariato.

Da lui ho imparato che il pastore catalizzatore (prete o vescovo) ama la Chiesa e si spende per essa: il suo obiettivo non è apparire, ma far crescere. Si sente sempre servo inutile, quando ha donato tutto («Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» Lc, 17,10). E’ un padre, che ama star vicino alle gioie e alle sofferenze della gente, che considera sua famiglia. Non esibisce conoscenze di VIP, né rende pubblici i gesti di benevolenza di qualche personaggio in auge nei suoi confronti (un altro pastore catalizzatore che ho conosciuto, il mio Rettore, Mons. Plinio Pascoli, sotto il pontificato di Giovanni XXIII, incontrava frequentemente il Papa a motivo dei lavori in Seminario: lo abbiamo saputo per caso dopo la morte del Pontefice, che gli voleva bene, ma egli non sfruttò mai questa benevolenza per far carriera); è felice quando vede crescere gli altri: Confratelli, collaboratori …; non è invidioso; costruisce amicizie e appiana contrasti non per la vanità di esibire in alto le sue capacita di persuasione, ma perché vive abitualmente la logica della comunione;  degli altri, cerca di mettere in evidenza il bene, prima di accennare (con sofferenza e imbarazzo) a qualche aspetto problematico o a qualche disavventura; non fa pesare il suo ruolo, non dice mai “qui comando io!”; accetta le critiche e guarda con misericordia quelli che lo contrastano, anche se difende con convinzione la verità; non è malato di carrierismo, perciò è coraggioso; non è attaccato ai soldi: gli servono per vivere non per sentirsi potente o per permettersi  esperienze e oggetti particolari, non alla portata della  gente comune e soprattutto dei poveri …

I preti catalizzatori costruiscono le Comunità con la loro presenza costante tra la gente, che non fuggono con la motivazione che “hanno sempre da fare”, e che cercano di coinvolgere rispettando,  desiderando e valorizzando la loro collaborazione, che ritengono necessaria, perché la Chiesa è una famiglia di fratelli responsabili e non proprietà di “un uomo solo al comando”. Nella vita pastorale, rifuggono da trovate effimere personali che possono suscitare stupore tra la gente ed esaltano il loro IO, ma non creano NOI. Sono umili. Non legano i fedeli alla propria persona, ma al Signore e alla Chiesa. La gente li stima e li ama, ma non li mitizza. Gettano semi preziosi nella vita delle persone e avviano cammini di fede autentica e di umanità vera. I preti catalizzatori non suscitato divisioni e contrapposizioni, non umiliano, ma creano legami profondi e sani. Migliorano invecchiando. Quando l’età li fa uscire di scena, i preti “che si sono ispirati ad altri elementi chimici” spesso soffrono  nel non avere più visibilità e potere, cercano ancora onori e rilevanza, diventano criticoni e spesso vivono in solitudine; i catalizzatori invece, continuano a vivere tra la gente,  sempre disponibili ad aiutare tutti e specialmente i Confratelli, anche nei servizi più umili; diventano punti di riferimento e sapienti maestri di fede e di vita, soprattutto per i preti giovani, anche quando non riescono più a svolgere pienamente il ministero perché anziani o addirittura impediti. Sono la testimonianza vivente della parola di Gesù: “Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno dei cieli” (Mt 5,1). Hanno capito tutto e hanno trovato il Tutto.

+ don Valentino

 

 

Commenti

  1. Armando Pepe

    Molto interessante, biografie come queste sono molto utili per ricostruire una storia pastorale degli anni Settanta, un tema che andrebbe indagato a fondo; il ritratto di Don Agostini è molto bello

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